Pao l'ho conosciuto

Giuseppe Culicchia
2013
Neoplasia, Torino


Pao l'ho conosciuto tanti anni fa, era venuto una notte a Torino e aveva riempito di pinguini largo IV Marzo, ricordo che vedendolo all'opera ridevo come un bambino, e la mattina dopo, tornato sul luogo della mutazione genetica dei dissuasori anti-parcheggio, avevo pensato: ma guarda che regalo, elementi di arredo urbano che prima imbruttivano questo pezzo di città e che adesso invece lo rendono più bello. Non so di preciso quanto siano rimasti i pinguini in largo IV Marzo, so però che a un certo punto sono spariti, prima uno, poi un altro, poi tutti. Rimossi dal Comune? O da qualche collezionista? O da qualcuno che semplicemente voleva portarsi un pinguino a casa? Non lo so. Sta di fatto che adesso, ogni volta che passo da quelle parti, ripenso alla notte in cui li vidi nascere, e provo una grande nostalgia. Insomma: alle opere di Pao ci si affeziona, almeno questo è l'effetto che hanno su di me. E non credo che sia così scontato affezionarsi, quando si tratta d'arte contemporanea. Ma non c'è solo questo aspetto. Da parte mia non sono un critico d'arte e però sono sempre stato affascinato dalle città, dalla loro vitalità e dalla loro capacità di cambiare ogni giorno, e Pao è parte di quel cambiamento: una sorta di graffitista-urbanista, capace di modificare spazi pubblici e di cambiare il nostro modo di guardarli. Una volta, riguardo ai suoi pinguini, mi ha raccontato: "I primi li ho fatti a Milano dalle parti di Piazza Sempione, dove c'è l'Arco della Pace. La mattina dopo sono andato a fotografarli, e mi sono imbattuto in una giovane mamma col suo bambino, che quando li ha visti è corso ad abbracciarli: quella per me è stata la critica migliore che potessi ottenere. Anni fa ho deciso di colorare un muretto grigio in uno slargo nei pressi di un asilo, dove spesso vedevo giocare dei bambini. Ho fatto un primo pezzo, poi ho chiesto ai commercianti della zona se erano d'accordo sul fatto che andassi avanti. Beh, alla fine hanno perfino voluto raccogliere loro i soldi per comprarmi i colori di cui avevo bisogno, talmente erano contenti della trasformazione di quel muretto".

Eccola qua, l'urbanistica "dal basso" di Pao, capace di sfruttare forme già esistenti con le sue visioni e i suoi colori, rendendo meno anonimo e spersonalizzante il paesaggio urbano. Se Pao non ci fosse, le nostre città sarebbero più tristi.

Grazie Pao!


Loading...
Loading...